Serve davvero un’altra figura professionale come quella del counselor? Non bastano le figure già esistenti?
Spesso ho sentito rivolgermi questa domanda, che credo possa trovare una risposta soltanto provando a dipanare alcuni aspetti imprescindibili e costitutivi della nostra professione.
Negli ultimi anni il nostro stile di vita e le nostre condotte relazionali sono cambiati radicalmente; le nuove tecnologie e l’era digitale hanno contribuito a rendere il nostro quotidiano più povero di sguardi, di parole e di emozioni condivise.
Il contatto con i propri desideri, con le proprie intime aspirazioni e potenzialità, per molte persone – e penso soprattutto ai più giovani, ma non solo – sta andando perdendosi.
Il counselor è un professionista formato per agevolare donne e uomini del nostro tempo a governare, in modo consapevole e mirato, difficoltà momentanee e specifiche, legate alla relazione con se stessi e con l’ambiente circostante.
Il naturale incedere della vita, degli eventi e della quotidianità, con le annesse sfide che questo comporta per ognuno di noi, non può essere iscritto tout-court in una logica di cura.
Ogni epoca ha visto nascere figure professionali connesse al contesto socio-economico e culturale che, come sappiamo, influenza e fa emergere esigenze sempre nuove. A questi bisogni è necessario rispondere in modo flessibile, aperto e coerente.
La diversità di competenze tra i professionisti della relazione d’aiuto non solo rappresenta una ricchezza, ma garantisce anche una risposta duttile, adeguata e pertinente a chi esprime un bisogno evolutivo e di crescita, che può presentarsi con gradi di complessità molto diversi.
Serve davvero, quindi, un’altra figura professionale come quella del counselor?
La mia risposta è: sì, serve la figura del counselor.
Ma non una “nuova figura”, che imbrigli il professionista in una specificità di competenze attinenti ad altre discipline, bensì la figura nuova che rappresenta, capace di rispondere poliedricamente al contesto che ne richiede l’intervento.
Resta in me sempre urgente l’auspicio di uno scambio sincero e non ideologico tra professionisti, nell’obiettivo comune di agevolare processi individuali e collettivi di maggiore benessere e di autonomia, nella società complessa.
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