In base alle ultime disposizioni governative (decreti, DPCM, ordinanze, etc.), è possibile effettuare sessioni di counseling in presenza nelle zone rosse?
È questa la domanda che, nelle ultime ore, ci stanno ponendo molte colleghe e colleghi. In estrema sintesi possiamo dire che, nella sostanza, poco o niente è cambiato rispetto alle precedenti disposizioni di cui avevamo già trattato qui (professione) e qui (formazione).
Al counselor, essendo un lavoratore, non è vietato recarsi presso il proprio studio. La questione infatti è relativa al cliente. Alla domanda:
«Può il cliente uscire di casa e recarsi presso lo studio del counselor?»
non esiste una risposta certa, poiché né l’ultimo Decreto-legge né l’ultimo DPCM ci dicono qualcosa in proposito.
Il counselor non è sicuramente un professionista sanitario e dunque i motivi sanitari sono da escludersi. Qualcuno ritiene che il counseling potrebbe rientrare tra i servizi alla persona, ma se anche così fosse l’ultimo DPCM in zona rossa li vieta esplicitamente. Dunque non resta che l’opzione “stato di necessità”.
Benché non spetti a noi questa valutazione, riteniamo tuttavia che non sussistano i presupposti per definire una sessione di counseling uno “stato di necessità”.
Ma a chi spetta questa valutazione? E in caso di controllo?
«La valutazione circa la sussistenza di motivi giustificativi e, in particolare, quelli per le situazioni di necessità rispetto alle variegate situazioni che possono verificarsi in ciascuna vicenda concreta, resta rimessa all’Autorità competente indicata dall’articolo 4, comma 3, del Decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19 (che, per le violazioni delle prescrizioni dei DPCM , è di norma il Prefetto del luogo dove la violazione è stata accertata). Il cittadino che non condivida il verbale di accertamento di violazione redatto dall’agente operante può pertanto fare pervenire scritti e documenti difensivi al Prefetto, secondo quanto previsto dagli artt. 18 e seguenti della Legge 24 novembre 1981, n. 689» (fonte: Presidenza del Consiglio dei Ministri)
La posizione di AssoCounseling: in zona rossa noi sconsigliamo ai clienti di recarsi dal proprio counselor per una sessione in presenza e incentiviamo i nostri counselor ad attivare modalità di lavoro a distanza. L’unico che potrebbe rischiare una contestazione in caso di controllo è solo il cliente.
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