Abstract dell’intervento di Francesca Fedrizzi al decimo convegno nazionale di AssoCounseling.
Ho sempre pensato che poter offrire uno spazio d’ascolto attivo, un ambiente relazionale basato sul valore dell’empatia, dell’accettazione e dell’autenticità in una lingua straniera sia, paradossalmente, un vantaggio: il centro dell’attenzione è costantemente posto sul cliente, sulla sua cultura, nessuna parola può essere data per scontata, le sfumature del linguaggio e quelle emotive non possono mai rimanere sottintese perché il quadro di riferimento dell’Altro appartiene a un’altra cultura, si esprime in un’altra lingua. Percepire profondamente il cliente come “esperto di se stesso”, risulta naturale.
Ben più impegnativo è stato trovarmi nella profonda necessità, personale e professionale, di offrire uno spazio d’ascolto a persone prive del linguaggio verbale. L’afasia è una delle possibili conseguenze di un danno subito dall’emisfero sinistro del nostro cervello; nonostante i pensieri scorrano e si articolino correttamente nella sua mente, la persona con afasia perde la possibilità di esprimersi (e comprendere) in forma verbale. Come figlia di una persona con afasia e, in seguito, counselor di persone con afasia, dieci anni fa mi sono ritrovata difronte a un nuovo ostacolo della comunicazione, ben più complesso di una lingua straniera: il mio “modo di essere” counselor non era più sufficiente per poter alleviare l’abissale solitudine di una persona rinchiusa in una apparente incomunicabilità.
In quest’occasione racconterò come il “linguaggio del tango” mi ha fornito la possibilità di entrare in profonda comunicazione con le persone con afasia, aiutandomi a comprendere un quadro di riferimento così estremo. La nascita del tango-counseling mi ha permesso di creare uno spazio straordinario, dove l’ascolto va al di là delle parole, dove il termine linguaggio non ha nulla a che fare con la facoltà di parlare e dove l’immenso potere dell’empatia permette di comunicare anche a coloro che hanno perso la loro voce.