Serve davvero un’altra figura professionale come quella del counselor? Non bastano le figure già esistenti?
On June 13, 2018 AssoCounseling released an issue of Rivista Italiana di Counseling (Vol. 5, Num. 1, June 2018) entirely dedicated to the work carried out between 2016 and 2018 by dozens of professionals.
Il 13 giugno 2018 è uscito un numero della Rivista Italiana di Counseling (Vol. 5, Num. 1, Giugno 2018) interamente dedicato al lavoro svolto tra il 2016 e il 2018 da decine di professionisti.
La classificazione ATECO, il cui acronimo significa ATtività ECOnomiche, è un sistema di classificazione adottato dall’ISTAT e riguarda le rilevazioni statistiche di tipi economico.
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Questo articolo è dedicato a coloro che, non essendo “del settore” o essendoci entrati da poco, non hanno conoscenza di come si è arrivati in Italia a confliggere spesso in maniera così aspra sui temi legati alla definizione dell’identità professionale del counselor.
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Il counseling va in scena: non credo che altro titolo possa essere più adatto in questo periodo storico.
Sono ormai una ventina d’anni, almeno a mia memoria (ma non mi stupirei se la cosa andasse avanti da più tempo), che ciclicamente torna in auge il dibattito sulla presunta differenza tra i termini “counseLing” (con una sola elle) e “counseLLing” (con la doppia elle).
Ma neppure per quelli più “maturi” come me, verrebbe da dire. Circa tre anni fa l’American Counseling Association mi chiedeva di scrivere – insieme ad altri due colleghi – il capitolo sull’Italia del libro Counseling around the World, un mastodontico handbook che ripercorre l’evoluzione del counseling nei vari paesi del mondo.